Lo sappiamo, è una domanda che ci siamo fatti spesso in questi anni dopo la riforma, ma è una ferita che si riapre dopo ogni Consiglio Comunale. Ad ogni seduta va in scena il solito copione, scritto da un autore che ha esaurito la vena creativa; una rappresentazione con due attori protagonisti contornati da altri attori silenti.
Vi confessiamo che ieri abbiamo provato una stretta al cuore quando ci siamo resi conto che per individuare gli assenti non abbiamo potuto far affidamento sulla nostra memoria ma abbiamo dovuto smanettare sul sito del comune per ricordare la composizione del Consiglio nella sua interezza.
E, così, anche ieri abbiamo assistito alla solita rappresentazione: intervento di Maurano, polemico quanto basta, documentato il necessario, replica del Sindaco, stranamente nervoso, controreplica di Maurano...Ah, non c'è stata la controreplica in quanto il Regolamento non lo prevede. E cambiamolo sto regolamento! Ma dove si è mai visto un consesso in cui non c'è diritto di controreplica?
A questo proposito pungente e ironica (e da applausi se ci fosse stato un pubblico) l'osservazione di Maurano nell'intervento sul successivo punto all'OdG:" Adesso faccio il Marzullo della situazione. Nei minuti a mia disposizione faccio l'intervento, immagino la vostra replica e faccio anche la controreplica!".
Comunque per non dover scrivere sempre le stesse cose vi riproponiamo un post pubblicato il 27 Marzo 2017
"La democrazia non è solamente la possibilità ed il diritto di esprimere la propria opinione, ma è anche la garanzia che tale opinione venga presa in considerazione da parte del potere, la possibilità per ciascuno di avere una parte reale nelle decisioni". (Alexander Dubcek)
Questa frase era la sintesi del Manifesto della Primavera di Praga ossia del tentativo operato dai dirigenti del partito comunista cecoslovacco di sottrarsi al dominio sovietico. Ed è una frase di una semplicità unica che contiene una verità incontrovertibile. La democrazia è sì libertà di espressione, è sì il diritto-dovere di eleggere i propri rappresentanti, ma è anche la possibilità data a tutti i cittadini, anche attraverso i propri rappresentanti, di poter influenzare, effettivamente e non solo sulla carta, le scelte del potere. Nei piccoli Comuni (quelli al di sotto dei 15.000 abitanti) questo aspetto della democrazia è garantito? Secondo noi assolutamente no ed allora avanziamo una proposta (solo fino ad un certo punto provocatoria).
ABOLIAMO IL CONSIGLIO COMUNALE
Ormai il Consiglio Comunale è un inutile orpello, una stanca rappresentazione della democrazia, un luogo dove si ratificano decisioni già prese, dove la discussione serve solo ad alimentare il lavoro degli sbobinatori. Il Consiglio Comunale a legislazione vigente è un organo del tutto inutile quando la legislatura segue il suo fisiologico sviluppo, e può diventare decisivo solo nel caso si appalesi un elemento patologico (tipo il trasformismo) , patologia che però esso stesso in quel caso alimenta. Una legislazione che vuole rispettare, però, i canoni classici costituzionali deve garantire la democrazia anche nella fisiologia non solo nella patologia. E quindi:
ABOLIAMO IL CONSIGLIO COMUNALE
Spazziamo quel velo di ipocrisia che alberga nella legislazione dei piccoli Comuni ed eleggiamo solo il SINDACO, dominus assoluto ed incontrastato dell’ENTE, che si sceglie gli Assessori tra persone di fiducia. Un sistema che garantisce la governabilità e accentra senza inutili infingimenti la rappresentatività nelle mani di uno solo votato direttamente e personalmente dal popolo. Tanto per il controllo ex-ante degli atti, così come avviene già oggi, ci sono i funzionari comunali, per il controllo di legittimità amministrativa ex-post potremmo ripristinare una forma di CoReCo formato da funzionari prefettizi e per il controllo costante di legalità c’è già la Magistratura. Dell’elezione del solo Sindaco si gioverebbe anche l’Etica Politica: via le liste con portatori di pacchetti di voti e via la parcellizzazione degli interessi da pagare sulle cambiali elettorali.
Certo, stiamo usando il paradosso, ma a che serve un Consiglio Comunale in cui, a prescindere da quale che sia la rappresentatività elettorale effettiva, si vede una parte predominare nettamente sull’altra (nel nostro caso 9 a 4)? A che serve un Consiglio Comunale che può sfiduciare un Sindaco solo sfiduciando se stesso? A che serve un Consiglio Comunale in cui ogni discussione può essere troncata da un “andiamo a li voti”? A che serve un Consiglio Comunale, organo “politico”, che ha a disposizione solo strumenti “ordinari” di ricorso? A che serve un Consiglio Comunale in cui la maggioranza è spesso silente e la minoranza è una disarmata e frustrata “vox clamantis in deserto”.
E che il Consiglio Comunale sia uno stanco e noioso rituale lo dimostra l’Ordine del Giorno della seduta del 30 marzo. L’approvazione del Bilancio Provvisorio, strumento che costituisce la spina dorsale dell’economia e dello sviluppo di un Comune, e che da solo meriterebbe una seduta monotematica, è posto come ultimo argomento all’Ordine del Giorno, preceduto da altri 17 argomenti. E non si tratta solo di argomenti propedeutici (come l’approvazione delle tariffe) ma di argomenti che in alcuni casi meriterebbero essi stessi un consiglio monotematico come il regolamento per il commercio oppure il regolamento per l’introducendo sistema comunale “Case ed appartamenti per vacanze di qualità”. Argomento 1, 2 o 18, che importa? Si tratta di sottostare rassegnati al rito, oltretutto in alcuni casi gli schemi di delibera neanche si possono toccare perché ci sono già i pareri dei responsabili che non è detto siano in aula.
D’altro canto “andiamo a li voti” non è la massima espressione della democrazia?
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